GIOCO D’AZZARDO: UNA DROGA “SOTTILE” CHE PRODUCE DANNI

Il mercato dei “giochi d’azzardo” sta presentando in Italia una ampia e crescente offerta di giochi, di diverse modalità di gioco e di maggiori occasioni e luoghi per giocare. Tale aumento dell’offerta sta avvenendo nonostante i dati recenti abbiano evidenziato una non trascurabile flessione nel denaro speso in gioco d’azzardo dopo la fortissima progressione che, nel decennio 89-99, aveva segnalato il passaggio da 8860 MLD ai 18mila MLD del 95 agli oltre 34mila MLD del 99.

E’ pur vero che tali dati sono diversamente interpretabili, si riferiscono ai soli giochi legali, mentre non si hanno dati precisi ed attendibili sui videopoker e mancano del tutto dati e riscontri relativamente al gioco on-line.

Ciò che tuttavia appare assolutamente carente è la mancanza di studi di impatto sociale, l’organizzazione di risposte e politiche di prevenzione e di riduzione dei danni, e di aiuto ai giocatori problematici ed ai loro familiari soprattutto in relazione ai sempre più forti allarmi e preoccupazioni dovuti a forme di vera e propria dipendenza da gioco che è lecito ritenere possano essere in aumento. Lo stesso Imbucci, che del gioco ha analizzato in Italia l’evoluzione storica, evidenziando come il ricorso ad esso abbia soddisfatto funzioni di tipo ludico nei momenti di diffuso benessere e di tipo compensativo nei periodi di crisi, segnala ora la forte e preoccupante funzione regressiva nel ricorso al gioco.

Ciò appare cogliersi dalla “crescita vorticosa e non omogenea del volume di gioco in presenza di concomitanti crisi economiche e sociali”, dalla “prevalenza di giochi di alea sui giochi di abilità”, e dalla “accentuata incertezza del futuro”.

Ma quali sono i costi sociali del gioco patologico? Secondo diversi studi i costi delle derive patologiche o problematiche del gioco d’azzardo andrebbero ricercati in più aree, tra le quali le più importanti sono quella delle relazioni sociali e familiari (crisi economiche, separazioni, divorzi, problemi di co-dipendenza, problemi per i figli), quella dello sconfinamento nell’illegalità e nell’usura ed infine quella dei costi sociali e sanitari.

Riguardo al secondo punto, uno studio condotto in Gran Bretagna ha evidenziato come i giocatori patologici siano frequentemente coinvolti in attività illecite finalizzate al procacciarsi denaro per giocare ed i reati più facilmente commessi, secondo Brown, sarebbero la frode, la falsificazione della firma, l’appropriazione indebita ed i piccoli furti. Il fenomeno della microcriminalità legata al gioco d’azzardo patologico non sembra inoltre risparmiare le donne ed anche gli adolescenti. E’ poi da considerare il rischio legato all’impiego, da parte della criminalità organizzata, dei proventi del gioco d’azzardo illegale, come aperto è il tema relativo al riciclaggio di “denaro sporco”. Per quanto riguarda invece i rischi ed i costi in ambito sanitario, va segnalato come il giocatore patologico attraversi spesso periodi di profonda depressione, di forte nervosismo, di paura, di rischio di suicidio, di assunzione di farmaci per malesseri secondari al gioco d’azzardo ed altri sintomi “stess related” quali difficoltà di memoria e concentrazione , disordini intestinali, emicrania etc. Da non ultimo è  importante segnalare il riscontro in alcuni giocatori di una vera e propria sindrome di astinenza con sintomi quali dolori addominali, tremori, mal di testa, diarrea, sudori freddi.

IL GIOCO D’AZZARDO COME FENOMENO SOCIALE ED I SUOI RISCHI

Il gioco d’azzardo costituisce una attività sociale di grande diffusione e, per la maggior parte delle persone, priva di conseguenze. Si stima infatti che su 45 milioni di italiani tra i 18 ed 80 anni, 13 milioni non giochino, 8 giochino ad un solo gioco e 24 milioni a più di un gioco. A differenza delle opinioni della popolazione le analisi di tipo psicosociale sembrerebbero indicare nel ricorso al gioco la possibilità di trovare una forma di risposta – non necessariamente disfunzionale o problematica – a bisogni ed a ruoli altrimenti non raggiungibili o non esprimibili. Il giocare d’azzardo rappresenterebbe infatti per molte persone un “mondo altro e parallelo” in contrapposizione – o in alternativa – ad un mondo    apparentemente governato da razionalità e da calcolo. Un mondo “altro” che permette di vivere una avventura, una sfida, o di sperare in “un magico cambiamento delle propria vita”.

Ma giocare d’azzardo è anche per molti una possibilità per riempire (o non vedere) momenti di noia, di mancanza di senso, di depressione, di insoddisfazione. Elementi questi che spesso sono alla base del ricorso al gioco, ma che rischiano di trasformarsi in “un movente”: sia esso l’eccitazione, lo sfoggio d’abilità, l’intrattenimento, la possibilità di vincere.

Il giocare diventa allora uno “spazio magico altro e vitale” che protegge dal mondo esterno ed attraverso il quale è possibile costruirsi una ricchezza immaginaria fatta di sogni e fantasie, di altri sé. Uno spazio libero da scelte, da limiti, da fatiche, da “principi di realtà” e dove è possibile concentrare dimensioni dicotomiche quali: identità/disidentità; aspettative/frustrazioni; ansie/ sogni; onnipotenza/fragilità”.

Ciò che però è importante sottolineare è come si stia verificando nell’offerta e nel consumo di gioco d’azzardo una importante trasformazione. Una trasformazione non solo di tipo quantitativo (maggiori giochi a disposizione, maggiori luoghi ove giocare, minore o inesistente soglia d’accesso) ma anche di tipo qualitativo per via dell’immissione di giochi con caratteristiche di maggiore additività.

Così come le sostanze infatti anche i giochi sono molto diversi tra loro in relazione alla maggiore-minore potenzialità nel produrre rischi di addiction a tal punto che si può parlare di distinzione tra giochi hard (pesanti) e giochi soft (leggeri). La distinzione principale tra giochi pesanti o leggeri sarebbe in relazione alla riduzione del tempo tra la giocata ed il pagamento della vincita; alla frequenza delle possibilità di gioco, alla possibilità di ripetere la giocata (elemento che favorisce la cosiddetta rincorsa alla perdita che costituisce uno degli elementi di maggiore rischio), ed alla possibilità di continuare a giocare non creando situazioni di discontinuità nelle sequenze di gioco.

I nuovi giochi tecnologici (pur rifacendosi o richiamando in taluni casi giochi tradizionali) si stanno distinguendo per la loro attitudine ad un gioco solitario ed a-sociale con evidenti rischi di sconfinamento in forme di gioco problematico e patologico.

Se diverse poi possono essere le motivazioni al gioco, il giocare in solitudine è stato dimostrato da alcuni studi britannici essere una delle principali cause di sviluppo di problema. Particolare interesse e preoccupazione riveste poi l’impatto della diffusione delle nuove forme di gioco presso gli adolescenti dove si evidenzia passaggio da giochi informali autorganizzati e autogestiti verso il consumo di forme di gioco commerciale ed a forte rischio di addiction quali le slot-machine ed i video-poker. Le conseguenze più importanti sarebbero da ricercare nell’alto dispendio di denaro, nelle assenze dalla scuola e nei gli scarsi risultati scolastici, nei furti, nella depressione e gli intenti suicidi e nell’incrocio con l’uso di sostanze additive e con altri indicatori di disadattamento sociale.

Il gioco patologico si verifica spesso in coincidenza con altri problemi comportamentali, compreso l’abuso di sostanze, i disturbi dell’umore e della personalità. Tuttavia la comorbilità costituisce un fattore importante, ma fonte di complicazioni, nello studio della base di tale disturbo in quanto è tutt’altro che chiaro e condiviso se il gioco problematico o patologico costituisca una singola patologia a sé stante, o se sia semplicemente un sintomo di una comune predisposizione, d’ordine genetico o altro, che starebbe alla base di tutte le dipendenze.

Inoltre è da tener presente  la familiarità. Infatti è maggiore la probabilità che i giocatori patologici riferiscono che i loro genitori erano giocatori patologici, indicando così la possibilità che fattori genetici o di modelli di ruolo possano incidere nel predisporre persone al gioco patologico. In ultimo luogo viene segnalato come fattore di rischio il precoce contatto con il gioco. Tuttavia, molte persone che raccontano di essere state grossi giocatori in gioventù, dicono anche di aver “superato” questo modello di comportamento andando avanti negli anni. Questo processo viene talvolta assimilato a quello degli studenti bevitori “da baldoria” che possono rientrare nella definizione di “bevitori problematici” mentre studiano ma che riducono in maniera significativa l’uso di alcol dopo la fine degli studi.

E’ forse opportuno ricordare come, secondo il DSM-IV “Il Gioco d’Azzardo Patologico inizi tipicamente nella prima adolescenza nei maschi e più tardivamente nelle femmine. Sebbene un piccolo numero di individui rimangano “presi all’amo” fin dalla prima scommessa, per la maggior parte il decorso è più insidioso. Possono esservi anni di gioco d’azzardo socialmente accettato seguiti da un esordio brusco che può essere precipitato da una maggiore esposizione al gioco d’azzardo o da un fattore stressante. La modalità del gioco d’azzardo può essere regolare o episodica, e il decorso del disturbo è tipicamente cronico.